Sfruttando i dati raccolti dal 2000 al 2018, uno studio di Eurac Research fornisce per la prima volta una mappa della copertura nevosa a livello globale
I tempi dei cambiamenti climatici non sono gli stessi della diffusione di un virus, ma il loro impatto è comunque dirompente. Lo si nota osservando le mappe della copertura nevosa nelle aree montane di tutto il mondo elaborate da Claudia Notarnicola, fisica di Eurac Research. L’analisi di quasi vent’anni (2000- 2018) di immagini satellitari in alta risoluzione, misure a terra e modelli di simulazione mostra un quadro preoccupante soprattutto in alta quota. Sopra i 4000 metri, infatti, tutti i parametri osservati – tra cui estensione della superficie nevosa, durata della neve, temperatura dell’aria – sono in peggioramento.
“Dopo un inverno poco nevoso, stiamo vivendo una primavera fortemente anticipata. Negli anni gli effetti di questi fenomeni si sommano e allora sì che diventano ben visibili”, spiega Claudia Notarnicola, vice-direttrice dell’Istituto per l’osservazione della Terra di Eurac Research e autrice dello studio.
Negli ultimi anni le aree montane hanno destato molta attenzione perché sono considerate sentinelle dei cambiamenti climatici; a partire dai 1500-2000 metri l’aumento della temperatura è raddoppiato rispetto alla media generale e cresce con l’altitudine. Avere a disposizione una mappa globale dell’andamento della neve negli ultimi vent’anni permette di vedere similitudini e differenze tra diverse aree del mondo e di avere un quadro chiaro della situazione. “Possiamo vedere, ad esempio, che nel 78 per cento delle aree osservate la neve è in calo. La durata della neve, inoltre, è variabile e questo dipende più dalla fusione precoce in primavera che non dal fatto che la prima neve cada solo ad inverno avanzato. Sopra i 4000 metri, infine, la maggior parte dei parametri osservati peggiora: aumenta la temperatura, diminuisce l’estensione della superficie nevosa, calano le precipitazioni, la neve fonde prima”, prosegue Notarnicola.
La mappa mette in evidenza come ci siano zone che risentono dei cambiamenti climatici in misura maggiore. In Sudamerica, ad esempio, più di venti parametri mostrano una tendenza in peggioramento, mentre sulle Alpi la situazione è meno grave, anche se il settore orientale soffre di più rispetto a quello occidentale.
Anche l’Alto Adige segue un andamento simile, con durata della neve in diminuzione e un marcato ritardo nell’avvio della stagione invernale.
“La mappa mostra anche zone in cui la copertura nevosa è aumentata, in Russia, ad esempio. Questo apparentemente è un buon segno, ma in realtà è dovuto a un aumento delle temperature che, pur restando sottozero, aumentano di qualche grado. Questo, in combinazione con l’umidità dell’aria, favorisce la formazione della neve”, conclude Notarnicola.