L’esperto di osservazione della Terra Peter Zellner parla di open science nel suo ambito di ricerca
Insieme a un gruppo di ricerca interdisciplinare, Peter Zellner ha sviluppato un portale online per il monitoraggio della siccità nella regione alpina. Il team ha ricevuto un Open Research Award per il suo lavoro.
Credit: Eurac Research | Annelie Bortolotti
In collaborazione con un team interdisciplinare, Peter Zellner ha sviluppato un osservatorio online sulla siccità nella regione alpina che rende i dati utilizzabili anche da chi non è esperto del settore, e con i colleghi e le colleghe di Eurac Research ha sviluppato un corso per l’Agenzia spaziale europea (ESA) che fornisce le conoscenze tecniche essenziali per la ricerca con i dati satellitari. In entrambi i casi l’attenzione è rivolta all’accessibilità, alla cooperazione e al miglior utilizzo possibile delle risorse.
Peter Zellner: Negli ultimi anni il numero di satelliti che orbitano intorno alla Terra e che ne scansionano continuamente la superficie con varie tecnologie è aumentato vertiginosamente. In particolare, le missioni Sentinel dell’Agenzia spaziale europea (ESA) – Sentinel 1, 2 e 3 – hanno cambiato le carte in tavola; da allora, il volume di dati è aumentato esponenzialmente e continua a crescere.
Zellner: Non si può più lavorare come dieci o quindici anni fa, quando si aveva a che fare con uno o due satelliti e la quantità di dati era così piccola che si poteva salvare sul computer e continuare a lavorarci. Con i volumi di dati di oggi, questo è impossibile. Ecco perché la tendenza è verso il cloud computing: i dati vengono archiviati in un cloud, in cui viene offerto anche il software specializzato per elaborarli in una frazione del tempo una volta necessario. I risultati possono poi essere resi liberamente disponibili attraverso la piattaforma cloud, in modo che altri possano continuare a lavorarci.
È possibile capire come sono stati creati i dati e continuare a lavorare con i risultati degli altri. Non serve ricominciare da zero.
Peter Zellner
Zellner: Sì, questo è l’approccio dell’open science. Le singole fasi di elaborazione sono visibili e riproducibili, quindi si può vedere come sono stati creati i dati e si può continuare a lavorarci nello stesso sistema. Ad esempio, se qualcuno sviluppa un indicatore per misurare quanto è verde la vegetazione a partire dai dati satellitari, altri possono continuare a lavorare con il calcolo già creato. In questo modo non si deve ricominciare tutto da capo. E si risparmiano risorse.
Zellner: Chi sviluppa queste piattaforme cloud sta ovviamente lavorando intensamente su questo aspetto. Da noi, all’Istituto per l’osservazione della Terra se ne occupa il gruppo di ricerca Advanced Computing, di cui faccio parte. L’obiettivo è quello di astrarre la complessità e offrire processi semplici a chi utilizza il software: in questo modo chi è specializzato in determinate aree tematiche dovrebbe avere più tempo per le analisi e i contenuti, senza dover lottare con i formati dei dati e i server, che finora hanno sempre rappresentato una parte importante del lavoro. Il passo successivo è quello di generare prodotti di dati da cui le persone senza conoscenze specialistiche possano trarre indicazioni per l’azione, ad esempio per la politica o l’agricoltura. Abbiamo sviluppato qualcosa di simile con Alpine Drought Observatory (ADO).
Zellner: È uno strumento online che fornisce una panoramica della siccità nella regione alpina attraverso mappe e grafici. Abbiamo armonizzato i dati di tutti i paesi alpini e li abbiamo ottimizzati con risoluzioni elevate. La grande quantità di dati che è stata incorporata e continua a essere incorporata –dati satellitari, meteorologici e idrologici – in modo che il risultato sia autoesplicativo: si può vedere a colpo d’occhio com’è la situazione della siccità nelle Alpi, cliccare su una serie temporale e vedere le differenza rispetto all’anno precedente…
Il portale online sulla siccità nella regione alpina consente anche a chi non ha conoscenze specifiche, ad esempio chi viene dal mondo della politica o dell’agricoltura, di ottenere indicazioni su come agire.
Peter Zellner
Zellner: Un team transnazionale e interdisciplinare composto da meteorologi, agronomi, idrologi, ingegneri ambientali, esperti di telerilevamento e tecnici.
Le ricercatrici e i ricercatori hanno sviluppato algoritmi per ricavare gli indicatori di siccità dai dati satellitari o dai dati meteorologici e li hanno convalidati; il compito dei tecnici è stato poi quello di implementarli per l’intera regione alpina e di aggiornarli quotidianamente.
Zellner: Non nel dettaglio, perché l’accesso al portale è completamente gratuito e non è necessario registrarsi. Conosciamo solo il numero di accessi, che attualmente è di circa 200 a settimana. Durante la grande siccità estiva, abbiamo avuto spesso richieste di informazioni da parte della stampa. E c’è molto interesse da parte di altre piattaforme scientifiche, ad esempio la “Green Transition Information Factory”, che è un progetto pilota dell’ESA, utilizza i nostri dati. Tra l’altro, non solo i dati sono liberamente disponibili, ma anche il software su cui si basa la piattaforma ADO è open source. Ciò significa che può essere utilizzato da chiunque ed essere applicato ad altre aree del mondo.
Per utilizzare in modo efficace la ricchezza dei dati satellitari, abbiamo bisogno di competenze nelle tecnologie cloud, che ancora pochi nel mondo della ricerca possiedono.
Peter Zellner
Zellner: Questo è legato al grande cambiamento dei metodi di lavoro menzionato prima, reso necessario dall’enorme volume di dati satellitari. Per utilizzare efficacemente questo patrimonio di dati, ad esempio per il grande tema di ricerca del cambiamento climatico, sono necessarie competenze nelle tecnologie cloud che ancora pochi ricercatori e ricercatrici possiedono. Lo sviluppo è stato così rapido, che non è ancora disponibile alcun materiale didattico. Ecco perché l’ESA ci ha commissionato questo corso: le persone interessate dovrebbero avere l’opportunità di imparare come lavorare efficacemente sulle piattaforme cloud, i concetti base, come condividere i dati, in altre parole, come fare open science nel contesto del cloud computing. Il compito alla fine del corso è quello di calcolare la copertura nevosa per un’area di un chilometro quadrato nelle Alpi per un anno specifico, rilasciare una licenza aperta per questa mappa, descriverla con precisione con metadati e renderla disponibile in una mappa web. Chi completa il corso ha dato un contributo alla mappatura congiunta del manto nevoso delle Alpi e allo stesso tempo può dimostrare le competenze acquisite.
Il Massive Open Online Course (MOOC) “Cubes and Clouds” spiegato in un’animazione
Zellner: Software cloud collegati ai dati, analisi riproducibili con pochi clic e risultati accessibili a tutti: questo consente una collaborazione efficace tra chi fa ricerca, essenziale per affrontare le questioni più scottanti del nostro tempo. La quantità e la varietà di dati attualmente disponibili non ha precedenti nella storia della scienza. Di conseguenza, i singoli ricercatori e ricercatrici non possono più ricavare risultati da questa complessità da soli. I grandi passi avanti nella ricerca sono possibili solo attraverso la collaborazione transfrontaliera, al di là dei confini nazionali e disciplinari. In Eurac Research e nel nostro Istituto per l’osservazione della Terra, stiamo cercando di porre le basi di questo metodo e di fornire un esempio pratico.
Peter Zellner è geografo con specializzazione in geoinformatica e osservazione della Terra. Lavora a soluzioni per rendere i risultati di ricerca più accessibili e promuovere la collaborazione tra chi si occupa di scienza.