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La moglie del pastore, Anna Catharina Bischoff, nacque a Strasburgo nel 1719 e morì a Basilea nel 1787. L’agente patogeno responsabile della sua malattia è stato scoperto da un team di ricerca con l’aiuto di un nuovo metodo raramente utilizzato per il DNA antico.

© Gregor Brändli

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Risolto il mistero della mummia di Basilea

Un gruppo di ricerca chiarisce di quale malattia soffrisse “la signora della Barfüsserkirche”

La mummia di donna, ben conservata, è stata ritrovata nel 1975 durante i lavori di costruzione della Barfüsserkirche di Basilea. Dal 2018, grazie a una collaborazione interdisciplinare coordinata dal Museo di Storia Naturale di Basilea, si sa che la donna era Anna Catharina Bischoff, la vedova del pastore morta nel 1787. Inizialmente si pensava che avesse sofferto di sifilide, ma ora un team di ricerca ha scoperto un agente patogeno sconosciuto nei campioni di tessuto.

Diversi indizi, tra cui i cambiamenti nelle ossa del cranio, avevano fatto ipotizzare un’infezione da sifilide. Tuttavia, nessuna traccia dell’agente patogeno della sifilide è stata rinvenuta durante l’analisi da parte di un’equipe dell’Istituto per la ricerca sulle mummie. Utilizzando un nuovo metodo, finora raramente applicato al DNA antico, è stato possibile assemblare il genoma di un micobatterio non tubercolare ancora sconosciuto ed escludere la possibilità che la donna sia morta di sifilide. La possibilità di scoprire nuovi e rari microrganismi anche in materiale genetico molto antico permette alla scienza di approfondire aspetti importanti dello sviluppo delle malattie infettive umane.

Nel metodo di “de-novo assembly”, le sequenze di basi vengono messe insieme come un grande puzzle per formare un genoma intero precedentemente sconosciuto

Questo ha un grande potenziale, ad esempio, per la ricerca sul microbioma, spiega il microbiologo e autore principale dello studio Mohamed Sarhan: “Per poter valutare come è cambiata la colonizzazione batterica umana, dobbiamo sapere quali microbi erano presenti nella flora intestinale o orale dei nostri antenati”. Con il cosiddetto metodo “de-novo assembly”, in cui le sequenze di basi vengono messe insieme come un grande puzzle per formare un intero genoma precedentemente sconosciuto, questo sarà possibile e il metodo diventerà sempre più importante anche nella moderna diagnostica medica. Ne è convinto Frank Maixner, microbiologo di Eurac Research e responsabile dello studio: “Il metodo può essere uno strumento importante per chiarire le cause alla base di malattie delle quali non si conosce ancora il patogeno responsabile”. Il batterio che aveva colpito la signora Bischoff appartiene a un gruppo di micobatteri non tubercolari, che sono parte della famiglia di batteri a cui appartengono anche gli agenti che causano lebbra e tubercolosi. I micobatteri non tubercolari sono generalmente considerati batteri ambientali presenti nel suolo e nell’acqua. Sono raramente patogeni, anche se possono causare polmonite e altre infezioni in persone immunocompromesse.

La moglie del pastore probabilmente non è morta a causa della malattia, ma del trattamento con il mercurio

Il fatto che la signora Bischoff sia morta all’età di 68 anni, tuttavia, non ha probabilmente a che fare con l’infezione quanto con il trattamento contro la sifilide e altre infezioni frequentemente usato nell’Europa dell’epoca: vapori o unguenti di mercurio. La concentrazione di mercurio nel suo cervello era estremamente elevata. Questo, assieme ai cambiamenti nelle ossa del cranio, aveva rafforzato l’ipotesi iniziale che la signora Bischoff avesse un’infezione da sifilide. Molto probabilmente il mercurio ha favorito anche il processo di mummificazione.

Con la scoperta dell’agente patogeno, il quadro della vita e della morte di Anna Catharina Bischoff si è completato. L’Istituto per la ricerca sulle mummie di Eurac Research assieme agli esperti di genealogia del Museo di storia naturale di Basilea aveva contribuito in modo decisivo a rispondere alla prima grande domanda, ovvero chi fosse la donna, dimostrando una relazione genetica tra questa e i discendenti viventi e confermando così l’identità della mummia.


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