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Un tesoro in un mare di dati

La ricerca dispone di una quantità immensa di dati e, grazie all’intelligenza artificiale, si può avvalere anche della tecnologia per ottenere da essi quante più informazioni sia possibile.

by Barbara Baumgartner

I programmi informatici che imparano dai dati sono diventati uno strumento chiave in diversi ambiti scientifici. I team di ricerca dell'Istituto per l'osservazione della Terra stanno sviluppando questi sistemi di apprendimento automatico (machine learning) per estrarre informazioni preziose da enormi quantità di dati satellitari. Per esempio, possono monitorare la copertura nevosa nel corso di un inverno o usare mappe dettagliate per tracciare ciò che sta accadendo negli ecosistemi di montagna.

L'obiettivo generale è quello di comprendere meglio i cambiamenti attuali e futuri dell’ambiente in cui viviamo.

15 anni fa, quando l’ecologa Ruth Sonnenschein svolgeva il suo dottorato di ricerca all’Università Humboldt di Berlino, ogni fotografia satellitare era un acquisto importante. “Un’immagine costava 1.000 euro. Solo di raro ne compravamo una e poi la analizzavamo accuratamente perché era davvero preziosa”. Anche in seguito, nella sua attività di ricerca, Sonnenschein ha spesso utilizzato immagini satellitari di fornitori commerciali. Questo fino al 2015, quando nell’ambito del programma di osservazione della Terra Copernicus, l’Unione Europea ha lanciato in orbita i satelliti ad alta risoluzione Sentinel. Oggi, Sonnenschein – così come chiunque abbia i mezzi tecnici – può visualizzare gratuitamente tutte le immagini satellitari che desidera. O che può gestire. Nel frattempo, infatti, ci sono immagini in quantità tale “che nessun essere umano ha più la capacità di guardarle e interpretarle”, come nota il collega di Sonnenschein, Alexander Jacob. “Si tratta di volumi immensi di dati. A livello globale, migliaia di immagini ogni giorno”. Alle nostre latitudini, i satelliti Sentinel forniscono una nuova immagine dalla stessa posizione ogni due o tre giorni, e con una frequenza maggiore o minore, a seconda della posizione, da ogni punto del pianeta, senza sosta. “Un mare di dati”, spiega Sonnenschein “ma naturalmente anche un tesoro di dati”.

La questione è come sfruttarlo. E qui – spiega Jacob – “entra in gioco il machine learning”: una branca dell’intelligenza artificiale (AI) che si è sviluppata molto rapidamente negli ultimi anni in seguito al rapido aumento dei dati disponibili. Oggi, il machine learning è usato in diversi ambiti scientifici per gestire grandi set di dati, identificare nuove correlazioni e modelli e fare previsioni.

L’intelligenza artificiale ci può aiutare a salvare il pianeta?

Ci sono diversi metodi, ma in sostanza un algoritmo impara a eseguire un compito in modo indipendente. A questo scopo, vengono programmate le cosiddette reti neurali: strutture matematiche complesse che imitano il funzionamento delle cellule nervose collegate in rete nel cervello umano. Dopo essere stata addestrata su dati codificati, questa intelligenza artificiale può poi applicare il modello alle incognite e continuare a imparare: man mano che il sistema raccoglie dati, le sue prestazioni migliorano. Con l’aiuto del machine learning, la scienza può, ad esempio, rintracciare galassie lontane, progettare composti chimici o decifrare le cause genetiche delle malattie (la stessa tecnologia permette anche alle auto a guida autonoma di riconoscere gli ostacoli, tra le altre cose). Per quanto riguarda il clima e l’ambiente, una delle speranze è che l’apprendimento automatico possa rivelarsi un potente strumento per contrastare il riscaldamento globale e le sue conseguenze, la perdita di biodiversità, l’aumento dell’inquinamento o la scarsità di risorse.

Alla Microsoft sono convinti che l’intelligenza artificiale possa aiutarci a salvare il pianeta. Nel 2017, l’azienda ha lanciato l’iniziativa “AI for Earth” per rendere il più possibile accessibili le applicazioni di intelligenza artificiale che contribuiscono alla sostenibilità ecologica. Sono stati stanziati 50 milioni di dollari per un periodo di cinque anni, principalmente per sostenere la ricerca che sviluppa queste applicazioni. Qualche mese fa, Sonnenschein e Jacob hanno vinto con il loro team una borsa di ricerca Microsoft.

Questo il loro progetto: sviluppare metodi di apprendimento automatico per mappare nel dettaglio gli ecosistemi di montagna e seguirne i cambiamenti. L’unica mappa globale degli ecosistemi attualmente disponibile ha una risoluzione di 250 metri, il che significa che dipinge solo un quadro molto sfocato delle aree montane, dove ambienti così diversi come vette e fondovalle coesistono in aree relativamente piccole. Inoltre, la mappa è statica; gli sviluppi - come la crescente frammentazione degli ecosistemi che gioca un ruolo importante nella perdita di biodiversità - non possono essere tracciati. Un sistema che incorpora continuamente dati satellitari aggiornati dovrebbe consentire di elaborare mappe molto precise (con una risoluzione di 30 metri) che permettono di osservare anche l’evoluzione degli ambienti nel corso del tempo.

Fattori chiave del progresso: quantità astronomiche di dati e un grande balzo in avanti nella capacità di elaborazione dei computer

Il finanziamento di Microsoft porta al team di ricerca non solo un contributo di 100.000 dollari per finanziare attività di ricerca e missioni, ma soprattutto (tramite crediti di altri 100.000 dollari) l’accesso a immense risorse di calcolo nel cloud di Microsoft. “Se dovessimo comprare l’hardware di cui abbiamo bisogno per questo progetto, la spesa sarebbe vicina ai 300.000 euro”, spiega Jacob. Il grande salto nella potenza di calcolo dei computer, insieme alle quantità astronomiche di dati che vengono costantemente raccolti ovunque, è una delle ragioni principali per cui le reti neurali possono ora eseguire imprese che erano considerate irrealistiche solo pochi anni fa. Un altro ricercatore dell’Istituto per l’osservazione della Terra, Carlo Marin, illustra questo progresso con l’esempio degli scacchi: “Già nel 1997, un computer che poteva stimare milioni di posizioni ha sconfitto il campione del mondo in carica Kasparov. Oggi, un programma può derivare le regole del gioco da relativamente pochi esempi e sviluppare le proprie strategie nel corso di una partita”.

Come Sonnenschein e Jacob, anche Marin sviluppa algoritmi intelligenti per acquisire informazioni dai dati satellitari. Nel suo caso, però, l’obiettivo è quello di ottenere una comprensione più precisa dei processi che interessano la criosfera alpina: l’argomento di ricerca di Marin sono ghiacciai, neve e permafrost. Usare i dati in modo efficiente può significare anche colmare le loro lacune. Il team di Marin ha risolto un problema di questo tipo con l’aiuto del machine learning per fare affermazioni sulla copertura nevosa in Alto Adige. Per esempio, cosa succede se le immagini satellitari mostrano che ha nevicato intorno a Bolzano, ma non forniscono alcuna informazione sui monti Sarentini perché erano nascosti dalle nuvole quando il satellite è passato sopra l’Alto Adige? Quanto è probabile che la neve sia caduta anche su queste cime? Marin e i suoi colleghi hanno sviluppato un sistema che aiuta a rispondere a queste domande mettendo in relazione le informazioni raccolte nel corso degli anni in diverse località della provincia. Combinando altre osservazioni e metodi, i ricercatori sono giunti a una stima molto più accurata. "È un dato importante perché la neve immagazzina acqua. Se sappiamo quanta neve è caduta, possiamo comunicare all’amministrazione provinciale quanta acqua sarà disponibile per l’irrigazione e la produzione di energia dopo lo scioglimento, e gli amministratori potranno prendere decisioni strategiche corrette”. In definitiva, sostiene Marin, l’obiettivo nell’uso dell’intelligenza artificiale è sempre lo stesso: “Analizzare gli eventi del passato e del presente per capire i processi e le dinamiche sottostanti nel modo più preciso possibile e poter dedurre cosa accadrà in futuro”.

Non c'è dubbio che l’intelligenza artificiale rappresenti un punto di svolta, tuttavia, rimarrà sempre uno strumento, sottolinea Marin, e non può prendere il sopravvento sull’attività di ricerca: “La base è la nostra comprensione delle relazioni fisiche. Possiamo metterla così: passiamo le nostre conoscenze al computer che ci aiuta a interpretare i dati”. Attualmente Marin sta sfruttando il metodo del machine learning anche in un grande progetto con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per studiare il ruolo della neve nel sistema climatico globale.

Il metodo sviluppato per l’Alto Adige per stimare quanta neve ci sia in una località in assenza di osservazioni dirette sarà presto applicato dal team di ricerca in altre aree: Marin ha già ricevuto delle richieste.

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Il machine learning è utilizzato in diversi progetti di ricerca dell’Istituto per l’osservazione della Terra.

Un progetto su larga scala in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) mira a comprendere meglio il ruolo della neve nelle dinamiche climatiche globali e sta esaminando l’intero pianeta negli ultimi quarant’anni: https://climate.esa.int/en/projects/snow/ Anche il progetto Alpsnow registra la copertura nevosa e le sue proprietà in modo dettagliato, ma in questo caso il focus è sulle Alpi: https://alpsnow.enveo.at/

Il progetto AI4EBV sviluppa un sistema per una mappatura più precisa degli ecosistemi di montagna che renda visibili anche i cambiamenti nel corso del tempo; particolare attenzione viene data alle variabili essenziali della biodiversità (EBV), all’espansione e alla frammentazione degli ecosistemi: https://ai4ebv.eurac.edu/

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